I Miti di Cthulhu by August Deleth

I Miti di Cthulhu by August Deleth

autore:August Deleth [Deleth, August]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fanucci
pubblicato: 2013-04-03T16:00:00+00:00


3

Ancora oggi, dopo tanto tempo, mi è difficile scrivere degli eventi di quella notte catastrofica, che mi ritornano in mente con tanta vivezza, nonostante l'ambiente prosaico della Miskatonic University, dove tanti di quei segreti paurosi sono nascosti in testi antichissimi e poco noti. Eppure è necessario che gli eventi di quella notte siano conosciuti, affinché sia possibile comprendere quanto avvenne dopo.

Frolin ed io trascorremmo gran parte della giornata frugando tra i libri e le carte del nonno, alla ricerca di qualche conferma di certe leggende cui aveva alluso nelle sue conversazioni, non soltanto con me, ma anche con Frolin prima del mio arrivo. In tutta la sua opera s'incontravano allusioni enigmatiche. Ma c'era soltanto una narrazione che riguardava la nostra ricerca: una storia piuttosto oscura, chiaramente d'origine leggendaria, che parlava della sparizione di due abitanti di Nelson, Manitoba, e di un agente della famosa Polizia a Cavallo, e della loro successiva ricomparsa: sembrava che fossero stati lasciati cadere dal cielo, congelati e morti o moribondi; parlavano confusamente di Ithaqua, o di Colui che Cammina nel Vento, e di molti luoghi della Terra; e portavano addosso molti strani oggetti, ricordi di località lontane, che a quanto si sapeva non avevano mai posseduto in vita loro. Era una storia incredibile, tuttavia era legata alla mitologia esposta tanto chiaramente in The Outsider and Others, e narrata in modo anche più orribile nei Manoscritti Pnakotici, nel Testo di R'lyeh e nel tremendo Necronomicon.

A parte questo, tuttavia, non trovammo nulla di tangibile che si collegasse al nostro problema, e ci rassegnammo ad attendere la notte.

Durante il pranzo e la cena, preparati da Frolin in assenza degli Hough, mio nonno si comportò come faceva normalmente: non accennò alla sua strana esplorazione, disse soltanto che ormai aveva la prova decisiva che era stato Leander a dipingere quel paesaggio tanto poco attraente sulla parete dello studio, e che sperava, poiché si stava avvicinando al termine della decifrazione della lunga, delirante lettera del nostro prozio, di giungere presto all'indizio decisivo relativo alla soglia di cui parlavano quelle carte. Quando si alzò da tavola, la sera, ci ordinò solennemente di non interromperlo nel corso della notte, per non suscitare la sua collera, e andò a chiudersi nello studio dal quale non uscì più con le sue gambe.

«Credi che riuscirai a dormire?» mi chiese Frolin non appena rimanemmo soli.

Scossi il capo.

«Impossibile, Resterò alzato.»

«Non credo che il nonno sarà contento, se resteremo al piano terreno,» disse Frolin, aggrottando lievemente la fronte.

«Allora andrò nella mia stanza,» risposi. «E tu?»

«Starò con te, se non ti dispiace. Il nonno ha intenzione di arrivare sino in fondo, e non possiamo far niente, fino a quando avrà bisogno di noi. Può darsi che ci chiami...»

Avevo l'inquietante convinzione che, se il nonno ci avesse chiamati, sarebbe stato troppo tardi, ma mi trattenni dall'esprimere le mie paure.

Quella sera le cose incominciarono come la volta precedente, con la musica di flauti, bizzarramente bella, che veniva dalle tenebre attorno alla casa. Poi, poco dopo, sopraggiunse il vento, e poi il freddo e la voce ululante.



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